Antisismiche e flessibili. Le architetture sostenibili in bambù sono sempre più popolari
Si sta diffondendo anche in Europa, lentamente, ma progressivamente. Per la sua ampia versatilità d’uso – dall’edilizia al design, dall’accessoristica per auto ai mezzi di trasporto, dall’agricoltura all’enogastronomia – il bambù sta conoscendo, negli ultimi anni, una popolarità mai avuta finora in Europa.
Il suo successo, come testimoniano le diverse sperimentazioni oggi disponibili, non deriva solo dalla sempre più larga e robusta consapevolezza ecologica sulla finitezza delle risorse naturali, nell’urgenza di migrare verso soluzioni rinnovabili, ma anche dalla maggiore conoscenza delle sue proprietà meccaniche e fisiche che ne consentono l’eterogeneità funzionale. Oltre ad essere particolarmente performante alla trazione e alla compressione, con una resistenza ben superiore al calcestruzzo e all’acciaio – tanto da essere ormai universalmente riconosciuto come “l’acciaio verde” (la resistenza può sfiorare i 12.000 kg/cmq!) – del bambù sorprende la leggerezza e l’elasticità, ma anche l’economicità, dovuta alla rapidità con cui cresce.
Il suo fitto apparato radicale costituisce, inoltre, una barriera naturale a rischi di smottamento, frana, dilavamento del suolo. È un alleato strategico, dunque, non solo contro i terremoti, ma anche per la mitigazione del rischio idrogeologico. Le foglie di un bosco di bambù, inoltre, assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno come poche altre specie naturali.
Tutte queste virtù, soprattutto in America Latina, hanno permesso che questa pianta, dopo alcuni drammatici alluvioni o terremoti, fosse impiegata per la realizzazione di soluzioni abitative temporanee d’emergenza per ristorare le centinaia di migliaia di sfollati. Nato, secondo la letteratura scientifica, in Cina e poi nel corso degli ultimi secoli diffusosi enormemente in tutto il continente asiatico fino a raggiungere proprio l’America Latina, il bambù è costituito da fibre di cellulosa inserita in una matrice di lignina. Le sue dimensioni sono variabili: alcuni esemplari possono essere alti pochi centimetri; altri, invece, possono raggiungere i 40 metri di altezza e i 30 centimetri di diametro.
Il bambù, presente in natura con più di 1200 varietà diverse (con la tipizzazione dovuta anche all’area geografica nella quale nasce la pianta), ha una crescita spontanea e rapida: a certe latitudini e a seconda della tipologia della pianta, anche 55 cm al giorno. Il bambù, oggi coltivato anche nel nostro Paese con bambuseti presenti in Toscana e in Emilia-Romagna, può essere tagliato ed impiegato già dopo 3-5 anni di vita e non ha bisogno di essere seminato, annaffiato o concimato.
Con questo materiale naturale e rinnovabile, tuttavia, si realizzano non solo abitazioni temporanee: per l’ausilio delle nuove conoscenze e tecnologie agro-botaniche, orientate a preservarne e a valorizzarne la crescita, oggi con il bambù – sempre più spesso abbinato al legno – sono edificate architetture permanenti (a sviluppo pressoché orizzontale), sia a carattere residenziale sia per uffici. È il caso, per esempio, dello Stam Europe Green Place – realizzato a Milano dallo studio Goring&Straja – che presenta una facciata completamente rivestita da un brise soleil in bambù, che favorisce tanto la ventilazione quanto l’illuminazione naturale con una continuità tra esterno ed interno.
In Europa, come dimostrano le esperienze innovative degli ecoquartieri nati tra Amburgo e Friburgo, è sempre la Germania a guidare la locomotiva delle green buildings. Nel Paese anglosassone, infatti, dopo la fortunata sperimentazione del “Padiglione Zeri” all’Expo 2000 di Hannover a cura dell’architetto Simon Velez (poi emulata da Vo Trong Nghia nell’Expo 2015 di Milano con il “Padiglione del Vietnam”), sono stati realizzati alloggi sociali in acciaio e bambù in grado di saldare tradizione ed innovazione, eleganza architettonica ed efficienza energetica. Sempre a Milano, invece, va ricordata la prestigiosa passerella della Triennale, un’opera realizzata da Albertani Corporates s.p.a. su progetto del designer Michele De Lucchi. A collegamento tra il grande atrio centrale del museo posto al primo piano e l’ingresso, la passerella costituisce un oggetto unico nel suo genere: si tratta infatti di una trave unica in lamellare di bambù composta da listelli tenuti insieme da una speciale colla appositamente prodotta.
Oltre a Shigeru Ban (Premio Pritzker nel 2014), anche un altro grande architetto giapponese ha impiegato il bambù nei suoi progetti: Kengo Kuma, infatti, tra il 2002 e il 2004, nella campagna di Pechino a ridosso della Grande Muraglia, ha visto sorgere la “Great Bamboo Wall” capace di integrarsi perfettamente ed armonicamente con il territorio.
Tra le costruzioni globali degne di note, infine, oltre al ponte pedonale di 18 metri progettato in un piccolo centro dell’Indonesia dal collettivo di Architetti senza Frontiere e assemblato in loco con la partecipazione proattiva della comunità locale, va citata la scuola buddista internazionale di Panyaden in Thailandia per essere stata edificata solo con materiali naturali, anche per una funzione pedagogica. La struttura prefabbricata, sormontata da un articolato traliccio strutturale in bambù lasciato a vista in grado di coprire una luce di 17 metri, ha una estensione di quasi 800 mq e può ospitare un massimo di 300 persone.