“Le idee, senza la loro esecuzione, sono allucinazioni” (T. Edison)

Questo è il motto coniato da Thomas Edison, l’inventore americano, padre della lampada ad incandescenza, che Isinnova ha fatto proprio ed ha adottato come slogan di presentazione.

Ma che cos’é Isinnova? Isinnova è l’innovativa startup, fondata dall’Ing. Cristian Fracassi con il supporto di due imprenditori e soci, che si occupa di sviluppare idee per sé, per committenti privati e per altre aziende: ad oggi sono più di 40 i progetti che ha in “lavorazione” e che, a breve, vedranno la luce.

 

Tra questi, il più importante e noto è sicuramente Brix System, nato da un’idea che l’Ing. Fracassi ha avuto nel 2009 riflettendo sui drammatici eventi e conseguenze del terremoto de L’Aquila. Di fronte alle notizie ed alle immagini di distruzione riportate dai telegiornali, Fracassi, all’epoca ancora studente di Ingegneria, ha cominciato ad interrogarsi sulla possibilità concreta, per chi ha perso la propria abitazione, di potersela ricostruire in maniera semplice, veloce, autonoma e sicura. Come lui stesso ha raccontato, la lampadina si è accesa una mattina alla fermata dell’autobus, osservando un addetto alla consegna dell’acqua scaricare dal camion ed impilare casse di plastica piene di bottiglie di vetro: acquisito l’input, Fracassi ha cominciato a dare ordine e forma alle riflessioni iniziali ed a maturare l’idea di mattoni leggeri, in grado di agganciarsi gli uni con gli altri e capaci di consentire a chiunque di costruire (o ricostruire) in maniera semplice e veloce la propria casa.

Dopo anni di studi, calcoli, prove e sperimentazioni, Brix System è stato presentato a Brescia nel corso della terza edizione di Supernova, il festival organizzato da TaG – Talent Garden e dedicato ad innovazione, tecnologia e creatività, in calendario dal 30 Settembre al 2 Ottobre 2016.

Brix System deve il suo nome alla fusione dell’inglese bricks, cioè matton,i e del latino Brixia, Brescia, la città dove il progetto è nato e si è sviluppato. Consiste in un sistema costruttivo completamente a secco che consente la realizzazione di abitazioni e strutture di ogni tipo, grazie all’impiego di elementi modulari, mattoni le cui caratteristiche principali si individuano nella leggerezza e nella semplicità di montaggio. Possono infatti essere movimentati e posti in opera completamente a mani nude e senza che sia necessario l’intervento di manodopera particolarmente specializzata: si agganciano in maniera veloce l’uno all’altro e non occorre impiegare malte, resine o collanti di alcun tipo. Possono essere utilizzati, indifferentemente, per realizzare sia pareti che solai, senza dover fare ricorso a pezzi o sostegni speciali: questo rende il sistema adatto a costruire molteplici forme strutturali. Ciascun “mattone” è inoltre dotato di fori per il passaggio di qualunque tipo di impianti e garantisce l’ispezionabilità.

Il sistema consente anche il raggiungimento di elevanti standard di efficienza energetica in funzione, in ciascun caso, dei materiali scelti per il riempimento delle intercapedini, degli isolanti, del tipo di impiantistica e degli spessori impiegati.

Brix System è inoltre sinonimo di sostenibilità: i mattoni Brix System sono infatti completamente riutilizzabili e riciclabili e possono essere realizzati in vari materiali a seconda delle esigenze: alluminio, plastica, acciaio, e, soprattutto, legno. Sono proprio di questo tipo quelli che, per il momento, hanno ottenuto i maggiori riscontri e che sono stati impiegati, lo scorso 30 Settembre, per realizzare la struttura che ha poi ospitato l’esposizione dei prodotti di Isinnova nel corso del festival Supernova. La realizzazione di questo spazio di 35 mq nel centro storico di Brescia è avvenuta dietro la sfida, lanciata dallo stesso gruppo di Isinnova, di completare la costruzione in meno di 12 ore: i pronostici sono stati più che stracciati, dal momento che il tempo effettivamente impiegato è risultato della metà, 6,5 ore per la precisione. Al di là del risultato, la dimostrazione ha rappresentato l’occasione in cui Isinnova ha presentato al pubblico il primo concreto esempio di struttura realizzata con l’impiego di Brix System. L’evento ha potuto prendere corpo grazie anche al supporto di dieci aziende lungimiranti, tra cui Albertani Corporates, che, ciascuna per le proprie competenze, hanno sposato la causa e credono nelle possibilità di questo innovativo sistema.

Ma quali sono le reali prospettive per futuro del progetto? Brix System nasce, in primo luogo, per rispondere all’esigenza di realizzare strutture abitative in tempi molto stretti e, quindi, per fornire alloggi d’emergenza. Tuttavia le caratteristiche che vanta e le prestazioni che è in grado di garantire (tra cui sostenibilità, leggerezza, sicurezza, efficienza energetica, resistenza antisismica, ecc.) lo rendono particolarmente adatto anche ad altre finalità, come, ad esempio, la realizzazione di strutture temporanee, la costruzione di edifici in contesti difficili per il trasporto del materiale, la fornitura di abitazioni a basso costo nelle grandi periferie affette da sovrappopolazione. La parola, quindi, spetta ora al futuro, che sarà giudice ed indicatore del grado di consenso che Brix System saprà ottenere.

Ad Isinnova, orgoglio tutto italiano, va il plauso per i successi finora raggiunti e l’augurio di accendere molte altre lampadine, luminose tanto quanto, e anche di più, di quella che ha portato a Brix System.

 

Elena Ottavi

Tra i pregiudizi più diffusi e difficili da sradicare tra quelli che solitamente accompagnano il concetto di casa in legno, troviamo, senza ombra di dubbio, la concezione comune che la vede fatta interamente ed esclusivamente di legno. La si immagina secondo parametri estetici spesso lontani e discordanti con il paesaggio urbano delle nostre città e periferie e la si associa a contesti che rimandano ad ambienti alpini o, comunque, nordici.

Tuttavia la questione è decisamente diversa. Infatti lo studio e l’approfondimento delle tecniche e delle tecnologie costruttive da impiegare nella realizzazione delle case e degli edifici in legno hanno portato le aziende operanti nel settore, tra cui Albertani Corporates, a mettere a punto, ed a perfezionare sempre più, una serie di sistemi costruttivi in grado di fornire risposta alle diverse esigenze. Si suddividono principalmente in due categorie, sistemi costruttivi di tipo massiccio (X-lam e Blockhaus) e di tipo leggero (sistemi a telaio), e si distinguono, in primo luogo, per la tipologia di struttura con cui sono realizzate le pareti.

Oggi, in Italia, sono soprattutto i sistemi X-lam e quelli a telaio a ripartirsi le quote di maggioranza del mercato delle costruzioni in legno. I primi consistono nell’assemblaggio di pannelli massicci ottenuti dalla sovrapposizione di strati di legno incrociati ed incollati, e collegati tra loro grazie a giunti a coda di rondine o per mezzo di elementi di connessione metallici (viti, ganci, squadre). Il numero degli strati, tre al minimo, deve essere sempre dispari ed è direttamente proporzionale alle capacità statiche e di stabilità del pannello stesso.

I pannelli X-lam costituiscono elementi portanti di superficie e possono quindi essere impiegati per la realizzazione di pareti interne ed esterne e per i solai di interpiano o di copertura: i solai di base (possibilmente areati), solitamente vengono realizzati in calcestruzzo, sia per garantire il completo appoggio a tutte le componenti della struttura per la loro intera lunghezza, sia per impedire scambi di qualunque genere (aria, rumore) con l’ambiente sottostante.

L’X-lam costituisce un sistema in grado di garantire estrema versatilità sotto il profilo costruttivo perchè, oltre ad assicurare ottime prestazioni di carico e stabilità, si integra facilmente con gli altri materiali. Questo costituisce un notevole valore aggiunto anche dal punto di vista estetico, dal momento che i pannelli possono essere lasciati a vista oppure intonacati o rivestiti da qualsiasi altro materiale. Sul lato interno, solitamente, vengono rivestiti da un primo strato in cemento-legno, che consente l’alloggiamento di cavedi per il passaggio degli impianti, e da un secondo di finitura in cartongesso; all’esterno vengono invece collocati l’isolamento a cappotto, adeguatamente dimensionato, e successivamente il rivestimento.

Il fatto che lo strato isolante sia posto esternamente rispetto alla struttura, porta con sè il duplice vantaggio di garantire, da un lato, l’assenza di ponti termici e, dall’altro, di aumentare la massa (e quindi anche la resistenza termica) del pacchetto.

A questi aspetti si aggiungono inoltre il notevole risparmio di tempo e risorse che si ottiene in virtù del fatto che i pannelli arrivano in cantiere già dimensionati, sagomati e pronti ad essere posti direttamente in opera: i vari elementi costruttivi, pareti o solai, possono infatti essere prodotti all’interno degli stabilimenti sulla base delle indicazioni di progetto e poi montati e collegati in maniera semplice e veloce attraverso connessioni standardizzate.

Il sistema X-lam probabilmente rappresenta, ad oggi, la naturale evoluzione dell’altro sistema costruttivo di tipo massiccio: il cosiddetto Blockhaus (o Blockbau). Quest’ultimo consente la realizzazione di edifici a setti portanti ottenuti dalla sovrapposizione di elementi lineari disposti orizzontalmente (in origine erano tronchi di albero) e collegati agli angoli mediante nodi a vista del tipo maschio-femmina o a coda di rondine e spesso rinforzati da elementi metallici. Questo sistema viene solitamente impiegato nei casi in cui il legno e la sua orditura devono rimanere a vista: tale aspetto, tuttavia, vincola la collocazione dello strato isolante, il quale, non potendo essere esterno, va posto all’interno ma con il rischio di generare ponti termici. In alternativa esso può essere comunque applicato all’esterno e poi rivestito, ma in questo modo perdono valore le caratteristiche proprie del sistema.

Ulteriori aspetti che hanno frenato la diffusione del sistema Blockhaus, sono rappresentati dal fatto che i singoli elementi orizzontali sono sottoposti a sollecitazioni di compressione nella direzione ortogonale alle fibre, alla quale il legno risulta meno resistente, dalla bassa resistenza sismica e dalle spesso importanti deformazioni da ritiro.

Infine vi sono i sistemi a telaio, anch’essi ampiamente diffusi ed utilizzati: si tratta di sistemi di tipo leggero, derivanti dagli antichi Platform-frame e Balloon-frame, che consistono, appunto, in telai costituiti da listelli (montanti verticali e correnti orizzontali) tamponati ai lati ed irrigiditi da pannelli tipo OSB, MDF o simili.

Il vantaggio principale di questo tipo di struttura si individua nella presenza di un elevato numero di elementi che garantisce, in caso di crisi o cedimento di uno di essi, l’azione compensativa di quelli vicini. Come per l’X-lam, anche in questo caso vi è massima libertà dal punto di vista della finitura delle pareti, che possono essere lasciate con legno a vista, intonacate o rivestite da altri materiali. E anche per i sistemi intelaiati vi è, inoltre, la possibilità della prefabbricazione: essi possono infatti essere realizzati in opera oppure venire prodotti in stabilimento e poi essere trasportati in cantiere per il solo assemblaggio.

Un aspetto spesso oggetto di discussione è quello dell’isolamento, che, in questa tipologia di sistema, si trova tra i montanti e risulta integrato all’interno della struttura: questo, se da un lato potrebbe consentire la riduzione dello spessore dei pacchetti, dall’altro genera discontinuità e ponti termici che rendono comunque necessario il collocamento all’esterno di un ulteriore strato di coibentazione.

 

Elena Ottavi

La ratifica dell’accordo di Parigi sul clima e contro il riscaldamento globale da parte del Parlamento Europeo dovrebbe spingere nuovamente tutti gli operatori dell’edilizia e dell’architettura ad interrogarsi sulla sempre più urgente e necessaria conversione ecologica dell’“industria delle costruzioni”. Secondo uno studio elaborato dall’ex climatologo della Nasa James Hansen insieme ad altri 11 esperti in materia, infatti, la temperatura globale ha raggiunto un livello che sulla Terra non si vedeva da 115mila anni: con l’aumento attuale delle emissioni di gas serra, il 2016 potrebbe chiudersi con una temperatura di 1,25 gradi più alta rispetto ai livelli preindustriali.

Occorrerebbe, pertanto, non solo agire rapidamente, ma soprattutto efficacemente, sul segmento residenziale che con il 29% è, dopo quello dei trasporti, il secondo settore in Europa per consumi energetici. La corsa al risanamento energetico dell’ingente patrimonio edilizio esistente, favorita potenzialmente dalla direttiva europea 2010/31/Ue che impone entro il 2021 di avere buildings ad energia quasi zero, ma anche dall’esigenza di riqualificare il costruito per non consumare o impermeabilizzare inutilmente nuovo suolo, dovrebbe vedere il nostro Paese in prima linea, essendo in possesso di un know how scientifico e tecnologico d’avanguardia, ma per i cronici ritardi di un Sistema-Paese incapace di investire nell’innovazione, sebbene ci siano delle virtuose eccezioni, oggi siamo tra gli ultimi in Europa per efficienza energetica.

Quella che oggi, quindi, è una notevole criticità, tuttavia, potrebbe rappresentare anche una straordinaria opportunità per invertire la tendenza e adottare una strategia integrata capace di affrontare nel modo giusto la complessità della contemporaneità. Del resto, dei quasi 14 milioni di edifici distribuiti nel nostro Paese, 12 milioni circa sono adibiti ad uso residenziale con il 70% di questo patrimonio edificato prima del 1976. Con la conseguenza che, attualmente, per il medio consumo di 170 Kwh/mq/anno del nostro stock residenziale che si traduce nel 35% dei consumi energetici totali, l’Italia è tra i principali paesi europei ad essere “energeticamente dipendente” dagli altri.

Nello specifico, secondo alcune ricerche dell’Enea, il riscaldamento è responsabile del 57% dei consumi energetici e sarebbe fondamentale, conseguentemente, agire nella rivisitazione dei suoi paradigmi tecnici per produrre non solo un maggior comfort domestico, ma anche consistenti benefici ambientali, oltre che economici, per tutto il Paese. Il risanamento energetico, per una sua corretta attuazione, si articola in tre progressivi stadi: 1) riduzione delle dispersioni e miglioramento dell’efficienza dell’involucro; 2) miglioramento dell’efficienza impiantistica; 3) ottimizzazione della gestione attraverso l’uso di energie rinnovabili. Vediamo, in sintesi, ciascuna categoria.

Ridurre le dispersioni. Soprattutto nei climi mediterranei, nei quali il principale problema è il raffrescamento estivo e nei quali è ancora più importante una seria progettazione bioclimatica condizionata dall’orientamento solare, dovranno evitarsi iperisolamenti preferendo soluzioni che prevedono l’uso di schermature fisse sulle facciate esposte a sud, l’automazione per le schermature mobili e l’adozione di infissi con vetri a bassa emissività.

Migliorare l’efficienza impiantistica. Una delle tecnologie oggi più affidabili, sia per il riscaldamento sia per il raffrescamento, è la pompa di calore. A seconda dei climi e delle temperature d’esercizio, tuttavia, anche caldaie a condensazione, soprattutto per il riscaldamento, potrebbero soddisfare l’esigenza di un maggior comfort domestico. Una ulteriore soluzione, via via più diffusa nell’idea che anche la qualità dell’aria presente nello spazio domestico incida sulla vivibilità degli ambienti, è rappresentata dalla ventilazione meccanica controllata: essa può essere con recuperatore di calore o con scambiatore interrato.

Ottimizzare la gestione. Per ottenere benefici ambientali ed economici, anche i nostri stili di vita sono importanti. Se si deve uscire, per esempio, andrebbe anticipato lo spegnimento degli impianti o utilizzati adeguatamente solo negli spazi impiegati. In ogni caso, l’uso delle fonti rinnovabili è oggi sempre consigliato con impianti fotovoltaici o solari termici sempre più accessibili anche grazie alle proroghe indicate dalla vigente Legge di Stabilità che stanzia risorse per incrementare il tasso di risanamento energetico dei nostri edifici.

Concludendo, la domanda da porsi sempre, prima di avviare una qualsiasi progettazione di riqualificazione energetica ad opera di un professionista competente, è sull’entità del consumo energetico – ossia conoscere la classe energetica del nostro palazzo o alloggio – e su quali fabbisogni dovrà essere adattata l’opera di risanamento energetico. Sarà fondamentale, perciò, conoscere prioritariamente e preliminarmente il bilancio energetico dell’involucro edilizio sul quale si intende procedere. Nella consapevolezza che investendo sulla propria casa, con una spesa in pochi anni riassorbita grazie ai risparmi in bolletta, non accresceremo solo il nostro comfort domestico, ma contribuiremo a salvare il pianeta.

Bonus ristrutturazioni, Ecobonus, recupero fiscale, agevolazioni varie. Ormai da alcuni anni ne sentiamo quotidianamente parlare ogni volta che i discorsi si orientano verso le tematiche relative al mondo dell’edilizia di oggi. Ma di cosa si tratta realmente?

Proviamo a mettere un po’ di ordine e a fare chiarezza sull’argomento.

A partire dal 2012, allo scopo di promuovere ed agevolare gli investimenti privati e, di conseguenza, di sostenere l’economia in crisi, in Italia si è cominciato a riconoscere e a concedere agevolazioni fiscali per alcuni tipi di interventi edilizi, a determinate condizioni ed entro archi di tempo limitati. In seguito tali incentivi sono stati via via rinnovati e prorogati (di anno in anno circa), con alcuni piccoli aggiustamenti e modificazioni. L’ultimo aggiornamento è quello dello scorso 28 Dicembre 2015, quando la L. 208/2015, o legge di stabilità 2016, ha sancito il rinnovo per un altro anno della detrazione fiscale del 50% per gli interventi di ristrutturazione edilizia e del 65% per quelli di efficientamento energetico e di adeguamento antisismico degli edifici.

Il primo tipo di detrazione, il cosiddetto Bonus Ristrutturazioni, riguarda appunto gli interventi di ristrutturazione edilizia: è disciplinato dal D.P.R. 917/86, Art. 16/bis e, dal 1° Gennaio 2012, il D.L. 201/2011 (poi convertito nella L. 214/2011 “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”) ha reso l’agevolazione permanente ed inseribile tra gli oneri detraibili dall’Irpef, consentendo di detrarre fino al 36% delle spese sostenute e fino ad un ammontare complessivo delle stesse di 48.000 € per unità immobiliare.

Tuttavia, per le spese effettuate tra il 26/06/2012 ed il 30/06/2013, il D.L. 83/2012 (poi convertito nella L. 134/2012 “Misure urgenti per la crescita del Paese”) ha concesso la possibilità di elevare al 50% la quota in detrazione ed elevato a 96.000 € il tetto massimo di spesa detraibile. Queste condizioni di maggiore vantaggio sono poi state oggetto di varie e successive proroghe, in ultimo con la legge di stabilità 2016, che ha confermato l’agevolazione al 50% per spese massime di 96.000 € fino al 31/12/2016.

Dal 1° Gennaio 2017, salvo ulteriori modifiche, le detrazioni relative agli interventi di ristrutturazione, torneranno entro le misure ordinarie del 36%, con limite massimo di spesa di 48.000 €.

La legge di stabilità 2016 ha concesso una proroga anche al cosiddetto Bonus Mobili, cioè la possibilità di detrarre il 50% delle spese sostenute per un massimo di 10.000 € per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe minima A+, da inserire all’interno di immobili oggetto di ristrutturazione.

Possono usufruire di Bonus Ristrutturazione e di Bonus Mobili tutti i contribuenti soggetti all’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (Irpef), sia proprietari, sia titolari di diritti reali/personali di godimento sugli immobili oggetto di ristrutturazione e che ne sostengono le spese relative (usufruttuari, locatari, soci di cooperative, soci di imprese, ecc.).

Bonus Ristrutturazione e Bonus Mobili sono riconosciuti per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia di parti comuni di edifici residenziali (rif. lettere a, b, c, d dell’Art. 3 del D.P.R. 380/2001 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”) e per gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia di singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale (rif. lettere b, c, d dell’Art. 3 del D.P.R. 380/2001). Gli interventi di manutenzione ordinaria risultano quindi detraibili solo quando riguardano parti comuni di edifici residenziali.

Le agevolazioni sono inoltre concesse anche per altri tipi di intervento come la ricostruzione e il ripristino di immobili danneggiati da eventi calamitosi per cui sia stato dichiarato lo stato d’emergenza (anche se si tratta di tipologie di intervento che non rientrano nei casi sopra elencati), la realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali, l’eliminazione di barriere architettoniche, l’adozione di misure di protezione contro terzi o per la prevenzione di infortuni domestici, ecc.

Passiamo ora al secondo tipo di agevolazione, quello del 65% e più comunemente noto come Ecobonus: consiste in detrazioni dall’Irpef o dall’Ires concesse nei casi di interventi che incidono in maniera migliorativa sull’efficienza energetica di edifici esistenti o relativi all’adeguamento anti-sismico di questi ultimi. Tali detrazioni vanno ripartite in dieci rate annuali di pari importo e sono riconosciute per il 55% delle spese sostenute fino al 05/06/2013 e per il 65% di quelle sostenute dal 06/06/2013 al 31/12/2016. Gli interventi oggetto di agevolazione, sono quelli che riguardano le singole unità immobiliari, le parti comuni degli edifici condominiali o tutte le unità immobiliari di cui si compone il condominio, indipendentemente dalla categoria catastale. Come per il Bonus Ristrutturazioni, anche in questo caso dal 1° Gennaio 2017 si tornerà al regime di detrazione standard, vale a dire del 36% per spese fino a 48.000 €.

Possono usufruire dell’Ecobonus tutti i contribuenti, anche se titolati di reddito d’impresa, che risultano possessori, a qualsiasi titolo, degli immobili oggetto di intervento: ad esempio persone fisiche, associazioni di professionisti, usufruttuari, comodatari, inquilini, ecc.

Per quanto riguarda invece i tipi di intervento che consentono di avvalersi di questa agevolazione, il D.M. 19/02/2007 poi modificato dal D.M 07/04/2008, ha individuato i seguenti casi: riqualificazione energetica di edifici esistenti, interventi sull’involucro edilizio degli edifici, installazione di pannelli solari, sostituzione di impianti di climatizzazione invernale. Provvedimenti successivi hanno poi esteso l’applicazione della detrazione anche agli interventi relativi all’acquisto e posa in opera di schermature solari, all’acquisto e posa in opera di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore ed alimentati da biomasse combustibili, all’acquisto, installazione e messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo remoto di impianti di riscaldamento o produzione di acqua calda o di climatizzazione delle unità abitative.

La normativa stabilisce diverse quote massime di spesa a cui poter applicare la detrazione, in funzione dei differenti tipi di intervento: la detrazione massima è di 100.000 € per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti, di 60.000 € per gli interventi sull’involucro di edifici esistenti, sull’installazione di pannelli solari e sull’acquisto e posa in opera di schermature solari, di 30.000 € per l’acquisto e posa in opera o sostituzione di impianti di climatizzazione invernale. Rientrano all’interno della categoria “interventi sull’involucro degli edifici esistenti” (e quindi consentono la detrazione del 65% fino a 60.000 € di spesa) anche tutte le opere relative agli infissi, a condizione che facciano riferimento ad edifici esistenti e che abbiano effetti migliorativi sulle prestazioni termiche e sul risparmio energetico.

Un ulteriore aspetto, meno noto ai più ma non di minore importanza, è la previsione, fino al 31 Dicembre 2016, di detrazioni anche per le spese sostenute per interventi finalizzati all’adozione di misure antisismiche su edifici esistenti ricadenti all’interno di zone sismiche ad alta pericolosità (classi 1 e 2, come all’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003) e che assolvono alla funzione di abitazione principale o sono adibiti allo svolgimento di attività produttive.

Nello specifico la normativa riconosce una detrazione pari al 65% delle spese effettuate tra il 4 Agosto 2013 ed il 31 Dicembre 2016 per un importo complessivo massimo di 96.000 € per unità immobiliare; per lo stesso intervallo di tempo (dal 04/08/2013 al 31/12/2016) la medesima detrazione ma nella misura del 50% è riconosciuta anche per le seconde case, con particolare riguardo per l’esecuzione di opere di messa in sicurezza statica. In entrambi i casi è condizione imprescindibile che gli eventuali interventi siano realizzati sulle parti strutturali degli edifici o dei complessi di edifici collegati strutturalmente e che riguardino interi edifici: nei casi in cui si operi all’interno di centri storici, occorre operare sulla base di progetti unitari e non sulle singole unità immobiliari.

Possono usufruire dei bonus sull’adeguamento sismico tutti i soggetti passivi di Irpef e Ires a condizione che abbiano effettivamente sostenuto le spese e che siano possessori dell’immobile in oggetto o comunque detentori di un idoneo titolo (proprietà, locazione, ecc.)

Infine un’ultima considerazione per rispondere a chi si domanda se il riconoscimento delle agevolazioni è vincolato all’impiego di tecniche o materiali prestabiliti. La risposta è no. Infatti, al di là degli obiettivi a cui gli interventi a regime fiscale agevolato sono finalizzati (ristrutturazione, efficientamento energetico, adeguamento sismico, messa in sicurezza, ecc.), questa normativa, seppur per molti aspetti limitata e limitante, non pone condizioni dal punto di vista delle scelte progettuali e tecnologiche. Chi interviene, pur nel rispetto delle regole urbanistiche e comunali vigenti, è libero di orientarsi verso ciò che ritiene più opportuno ed adeguato, che si tratti di legno, cemento armato, muratura, acciaio, bambù, terra cruda.

Elena Ottavi

Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia.

Arthur C. Clarke

Molti pensano che una casa in legno richieda più lavori di manutenzione di una normale abitazione in calcestruzzo o in muratura. La domanda è: legno o cemento armato? La risposta data da Renzo Piano, già qualche anno fa, la dice lunga:

“Meglio il legno. Che è un materiale leggero, flessibile, riciclabile, rinnovabi­le, sicuro. Si tagliano gli alberi per co­struire quelle case temporanee e se ne piantano tre volte tanti. E quando, dopo quattro o cinque anni, si buttano giù le case, al loro posto si fa nascere un bo­sco e si ricicla il legno usato. Si lavora, insomma, sulla natura. Meglio dimenti­carsi quel cemento armato che rende tutto meno elastico e più vulnerabile”.

Un edificio più leggero e più efficiente implica costi più bassi, minor materiale impiegato e bassissimi consumi di gestione dell’immobile.

Immaginiamo di mettere a confronto due edifici prefabbricati con uguali dimensioni e forma, uno in calcestruzzo armato ed uno in legno. Prendendo in esame la sola struttura e le partizioni, con analisi di tipo LCA (Life Cycle Assesment), che considerano l’intero ciclo di vita dell’edificio, le risorse impiegate durante le varie operazioni di produzione della materia prima, di trasporto e le fasi di cantiere, fino alla realizzazione finale dell’edificio, i valori di energia primaria impiegata (espressa in Joule equivalenti) per la realizzazione di ogni metro quadrato sono:

Calcestruzzo: 2,5 GJ/mq

Edificio con struttura in calcestruzzo armato, composta da travi e pilastri, partizioni orizzontali in latero-cemento e verticali in mattoni forati.

Legno: 1 GJ/mq

Edificio con struttura composta da fondazioni in calcestruzzo, travi e pilastri lignei prefabbricati, e tamponamenti orizzontali e verticali in pannelli prefabbricati lignei.

Oltre a consumare pochissima energia nelle fasi di produzione e posa in opera, il legno non rilascia emissioni, polveri o fibre nocive durante l’impiego e, a fine utilizzo, si smaltisce senza inquinare.

Non solo.  Sapevate che l’impiego del legno in edilizia contribuisce ad abbassare la concentrazione di CO2 nell’atmosfera? Come evidenziato già dall’Unione Europea, nel Sesto Programma di Azione Ambientale, la capacità di assorbimento di CO2 da parte del legno non ha eguali. In un metro cubo di legno sono contenuti circa 900 kg di CO2. Costruire una casa ecologica a basso consumo energetico significa utilizzare circa 80 metri cubi di legno, pari a circa 72 tonnellate di CO2 in meno nell’atmosfera, e questo per tutto l’arco di vita della casa.

Ma quanto dura una casa in legno, rispetto a quelle tradizionali?                                                    

Oggi gli edifici in legno sono costituiti da pareti stratificate che proteggono il legno strutturale da ogni tipo di sollecitazione esterna (acqua, umidità, sole ed agenti biotici). Una casa ben progettata e ben costruita, sottoposta negli anni agli interventi di manutenzione classici che ogni edificio richiede, potrà mantenersi intatta per una vita, né più né meno di una casa in muratura. Ben oltre le aspettative del proprietario.

Le differenze reali risiedono semplicemente nella diversa composizione delle pareti esterne che, come sappiamo, sono protette da uno spesso isolamento a cappotto intonacato e non presentano parti in legno a vista.

La casa in legno non ha problemi di umidità o di fastidiose infiltrazioni che costringono i proprietari a intervenire continuamente sull’immobile, sia internamente che esternamente. I numerosi trattamenti a cui gli elementi in legno vengono sottoposti, prima dell’assemblaggio, sono tali da rendere il materiale resistente al fuoco, all’usura, all’umidità e all’attacco dei parassiti, riducendo al minimo la manutenzione che il proprietario di una casa in legno affronterà nel corso degli anni. Di gran lunga inferiori a quelli di cemento armato e laterizio. Senza necessità di interventi di ristrutturazione di alcun tipo.

Una casa costruita a regola d’arte, con un’attenzione ad elementi come il passaggio dell’aria, le impermeabilizzazioni di copertura e contro terra, i ponti termici, già in fase di progettazione, farà sì che la prima manutenzione avvenga dopo 20 anni.

In Italia l’edilizia in legno ha registrato una crescita costante, confermando l’avvenuto cambiamento di mentalità nei confronti di una tipologia costruttiva ecologica, sicura e in grado di garantire significativi vantaggi economici in termini di risparmio energetico (circa il 40% rispetto alle strutture tradizionali).

Basti pensare ai dati emersi dal “Rapporto Case ed Edifici in Legno 2015” dedicato al mercato italiano, redatto dal Centro Studi Federlegno Arredo Eventi.

La ricerca registra oltre 3.000 edifici costruiti in Italia nel 2014 (90% residenziale), un fatturato complessivo di 658 milioni di euro, in legno 6 abitazioni nuove su 100, il 51% degli edifici consegnati “chiavi in mano”.

Il Trentino Alto Adige detiene il primato per numero di aziende costruttrici (49), seguito da Lombardia (42) e Veneto (35).

Cariche di soddisfazione le stesse parole del presidente di AssolegnoEmanuele Orsini, in riferimento al fenomeno Expo2015: “Oggi gli edifici in legno non sono più una nicchia bensì un segmento di mercato. Le imprese italiane hanno un patrimonio di eccellenza tutto da valorizzare, basti pensare alle strutture di Expo 2015, dove il legno ha giocato un ruolo fondamentale: il legno ha garantito ottime tempistiche di realizzazione e ha permesso la costruzione di edifici che non moriranno, come “infinita” è la vita di questo materiale naturale e sostenibile per eccellenza”.

Se quando si acquista un’automobile ci si informa su prestazioni, consumi e comfort, perché non farlo anche per la casa? L’uso di una tecnologia costruttiva per la realizzazione di case in legno, che impieghi materiali di origine naturale, certificati ad emissioni zero, come quelle proposte da Albertani Corporates, ha tutte le condizioni per rispondere al desiderio di ‘costruirsi la casa da soli’, vivere il ‘respiro’ del legno e il contatto con la natura.

Il legno non è soltanto il materiale adatto per ogni clima, ma rappresenta un valore, una tradizione, un risparmio, una libertà.

Valentina Ieva

‘Trattiamo bene la terra su cui viviamo: essa non ci è stata donata dai nostri padri, ma ci è stata prestata dai nostri figli’.

Proverbio Maasai

Che la si voglia chiamare Passivhaus, Ecohaus, Green Building o Positive House, il futuro dell’edilizia sostenibile è, ormai, nella Casa Passiva.

Ma cos’è e come funziona una Passivhaus?

La Passivhaus è un’abitazione in grado di garantire il benessere termico con una minima fonte di riscaldamento, riciclando il calore generato da elettrodomestici e abitanti, impiegando fonti di energia alternativa, e dotata di un sistema di ventilazione meccanica, che consente il recupero di energia attraverso una pompa di calore geotermica.

Lo standard Passivhaus nasce in Germania nel maggio 1988 da una collaborazione tra Bo Adamson dell’Università di Lund in Svezia e Wolfgang Feist dell’Institut für Umwelt und Wohnen (Istituto per l’Ambiente e l’Edilizia).

La prima Passivhaus è stata costruita a Darmstadt (Germania), nel 1991, da Wofgang Feist, che ci vive ancora oggi. Da quel momento sono state costruiti migliaia di edifici Passivhaus, fino a superare le 25.000 unità nel 2010, arrivando intorno alle 40.000 unità, soprattutto in Germania ed Austria. Ma ne sono state realizzate moltissime in diversi Paesi del mondo.

Per capire di che cosa si tratta, si può partire da cosa non è. Negli anni si è molto parlato di casa passiva, ma la maggior parte delle volte a sproposito – afferma Francesco Nesi, presidente di Zephir, istituto di ricerca privato fondato a Trento per rappresentare il Passivhaus Institute tedesco -. Non si tratta di edifici realizzati solo in materiali naturali o al contrario iper-tecnologici e costosi, anzi. Il maggior costo iniziale, circa il sei per cento, viene ammortizzato grazie al risparmio energetico nel giro di dieci anni”

Sono 5 i punti fondamentali richiesti dallo standard Passivhaus:

  • Ottima protezione termica di tutti gli elementi costruttivi dell’involucro, dal pavimento alle pareti esterne, fino alla copertura;
  • Finestre e portafinestre con doppi/tripli vetri basso emissivi con un elevato valore di fattore solare g e telai molto ben coibentati; accurata progettazione e controllo degli apporti solari passivi progettando accuratamente le superfici finestrate, garantendo assenza di surriscaldamento estivo;
  • Esecuzione a regola d’arte della protezione termica fino ai minimi dettagli con riduzione al minimo di tutti i ponti termici;
  • Tenuta all’aria degli elementi costruttivi esterni verificata mediante test di pressione Blower Door;
  • Ventilazione controllata con recupero di calore particolarmente efficiente per evitare dispersioni di calore e garantire al contempo un’idonea qualità di aria interna.

“La Passivhaus è uno standard adattabile a tutti i tipi di edifici, con destinazioni d’uso diverse, dalle residenze alle scuole, agli uffici alle aziende, e utilizzabile non solo nelle nuove costruzioni, ma anche nella ristrutturazione di edifici esistenti. Tra un edificio tradizionale e uno passivo, la differenza di consumi energetici può raggiungere il 95%. Un elemento molto importante è la certificazione Passivhaus, basata su standard funzionali, confort abitativo, sostenibilità. Per ottenerla, è necessario che la casa sia di qualità fin dalla fase di progettazione”.

Queste le parole di Witta Ebel, membro del Passivhaus Institut di Darmstadt e di Innsbruck, in occasione del 1° Convegno nazionale Passivhaus – Risanare e costruire con lo standard di casa passiva, tenuto a Smart Village, la Mostra-Convegno organizzata all’interno di Made Expo 2012.

Riguardo alla realizzazione vera e propria di una casa passiva, invece, sono i prefabbricati in legno l’ultima frontiera dell’eco-progettazione. Vi state chiedendo perché?

Le case passive in legno sono ecosostenibili per natura. Rispettano l’ambiente con un impatto ambientale nullo grazie alle basse emissioni e al risparmio energetico garantito dall’uso di energia alternativa. Del resto, si sa, il legno è un materiale ecologico e rinnovabile che permette di adottare tecniche costruttive efficienti, sane e all’avanguardia.

Bio-compatibili, sostenibili, ecologici, i sistemi costruttivi prefabbricati in legno lamellare Albertani Corporates si prestano a qualsiasi tipo di realizzazione e a molteplici destinazioni d’uso, incluso il modello Passivhaus.

Si parla spesso dell’una o dell’altra, in maniera distinta, ma la soluzione che coniuga struttura prefabbricata e progettazione passiva può raggiungere un risultato stupefacente: non solo zero consumi, (10 volte inferiori a quelli di un’abitazione tradizionalmente ‘energivora’) ma addirittura produzione di energia extra.

Ultimo ma non ultimo l’abbattimento dei costi: una casa passiva è autosufficiente non solo nell’utilizzo di fonti di energia alternative, ma anche nel mantenimento del microclima interno. Direte addio a gas, riscaldamento, aria condizionata e deumidificatore!

Oggi noi viviamo in condizioni diverse da quelle di 50 o di 100 anni fa. Creare edifici caratterizzati da comfort e benessere ed efficienti energeticamente significa metterli sia a nostra disposizione sia dei posteri, cercando di non sfruttare in maniera irrecuperabile risorse non rinnovabili o di danneggiare l’ambiente in maniera irreversibile. Sono dunqu eindispensabili soluzioni progettuali e concrete che possano essere gestite anche senza energie fossili e che evitino eventuali e ulteriori interventi irreversibili. La risposta alla domanda: “qual è la forma di energia più tollerabile ovvero compatibile” è: meno Energia.

Le buone realizzazioni, quelle che sono energeticamente efficienti, si contraddistinguono perché, oltre al risparmio energetico, forniscono un “plus“ in fatto di comfort e sicurezza; esse rappresentano un guadagno sia per gli investitori che per gli utilizzatori, così come per l’economia a livello locale, regionale, nazionale ed europea. Nel settore dell’edilizia, questo guadagno viene prodotto dalle case passive”.

(da un’INTERVISTA A WOLFGANG FEIST pubblicata su Azero)

Valentina Ieva

Tra le patologie più comuni e diffuse che colpiscono e danneggiano le nostre abitazioni vi sono sicuramente quelle collegate alla presenza di muffa ed umidità: queste possono manifestarsi in maniera differente, a seconda della gravità del problema, e quindi presentarsi, ad esempio, sotto forma di cattivo odore o di macchie scure su pareti e soffitti. Gli effetti si ripercuotono non solo sulla salute dell’edificio in sé, ma anche sulla salubrità degli ambienti all’interno dei quali trascorriamo la maggior parte delle giornate (vedi anche Inquinamento indoor: quando l’inquinamento è dentro casa ) e, di conseguenza, sul nostro stato fisico, in quanto possono essere all’origine di allergie, patologie del sistema respiratorio, disturbi reumatici, ecc.

Con il termine “muffa” si intendono vari tipi di funghi, cioè microorganismi che proliferano a grandissima velocità specialmente in condizioni di umidità: sotto forma di spore, sono invisibili ad occhio nudo, e volatili. Questo permette loro di essere trasportate dall’aria, anche attraverso distanze molto lunghe, e di penetrare all’interno delle abitazioni, dove si depositano, attecchiscono e crescono laddove trovano, appunto, habitat umidi.

Ma come arrivano l’umidità e, di conseguenza, le muffe all’interno delle abitazioni? Si parla di umidità di risalita, quando questa risale per capillarità dal terreno attraverso le pareti, di umidità da infiltrazioni, quando si tratta acqua meteorica o di tubazioni che perdono, e di umidità da costruzione, quando proviene dagli stessi materiali impiegati nella realizzazione ma non adeguatamente trattati. In questi casi l’origine del problema è perciò riconducibile a difetti costruttivi dovuti ad esecuzioni non a regola d’arte o ad errate scelte progettuali. A queste si aggiunge l’umidità da condensa, prodotta all’interno delle abitazioni dalle attività che vi si svolgono, come l’uso di acqua calda, vapori di cottura e la presenza stessa di persone, ed aggravata da fattori quali la cattiva esposizione, lo scarso arieggiamento (soprattutto nel periodi più freddi) e la presenza di ponti termici. Questi ultimi sono aree circoscritte, non isolate della struttura in cui si registra uno sbalzo termico tra due ambienti, solitamente uno interno ed uno esterno: in tali zone più fredde l’aria umida e più calda presente dentro all’abitazione, condensa, andando così a creare quelle condizioni favorevoli all’attecchimento di muffe.

Per evitare questo è perciò estremamente importante che l’involucro esterno della nostra casa si comporti, a tutti gli effetti, come una vera e propria pelle, in grado di garantire l’isolamento termico e, allo stesso tempo, di far “respirare l’edificio, consentendo la dispersione dell’umidità in eccesso. Sotto tale profilo sono enormi i vantaggi ed i benefici che la progettazione e la realizzazione di case in legno portano con sè. Questo materiale infatti, oltre ad essere naturale e traspirante, è anche igroscopico, cioè in grado di agire come un vero e proprio deumidificatore, assorbendo l’umidità in eccesso nell’ambiente e rilasciandola gradualmente quando questo diventa troppo asciutto. Il suo impiego consente pertanto di risparmiare sulla fornitura, l’installazione e sui consumi di appositi impianti di deumidificazione, pur garantendo salubrità e comfort agli ambienti interni.

A questo aspetto dovrebbe inoltre accompagnarsi l’impiego di materiali isolanti porosi e traspiranti (come fibra di legno, sughero, lana, ecc.), cioè capaci di assicurare la “respirazione” dell’edificio e la sua ventilazione pur senza disperdere calore. Se infatti l’umidità in eccesso presente negli ambienti interni non riesce a trovare una valvola di sfogo, finirà per depositarsi, sotto forma di condensa, sulle pareti.

Un ulteriore strumento per combattere l’umidità interna alle abitazioni che l’impiego del legno fornisce è quello rappresentato dalla possibilità di realizzare strutture ventilate (pareti, tetti), cioè caratterizzate da stratigrafie che presentano intercarpedini vuote al cui interno può circolare l’aria. In tal caso i benefici si registrano sia dal punto di vista dell’isolamento termico, che della regolazione dell’umidità: la ventilazione consente infatti sia di contenere le dispersioni di calore in inverno e di ridurre quello in entrata durante l’estate, sia di permettere al vapore di uscire prima di condensare all’interno dell’edificio.

Resta ad ogni modo indubbia l’esigenza primaria di garantire che la progettazione e la realizzazione di tali edifici in legno venga effettuata a regola d’arte e da aziende competenti e certificate, onde evitare che eventuali difetti o mancanze in fase esecutiva vadano ad inficiare le qualità del prodotto e dei materiali impiegati.

Elena Ottavi

La crisi dell’economia e, conseguentemente, dell’edilizia, nel nostro Paese, può dirsi superata? È ancora presto, forse, per dirlo con certezza, ma quel che, invece, possiamo asserire con fermezza è che il paradigma delle costruzioni, da questa crisi che è soprattutto sistemica, ne uscirà rinforzato. Rinnovato e migliorato. Potrebbe sembrare paradossale, tanto più per un settore industriale per anni avverso all’innovazione dei suoi processi, ma così non è.

La casa, per la cultura italiana, continuerà ad essere sempre il “bene rifugio”, con la sua valenza simbolica, ma sempre più, proprio per una graduale e radicale “conversione ecologica” del pensiero dei cittadini italiani, il principale spazio del nostro vivere quotidiano sarà portatore di una sua potenza ecologica. Con il legno nel ruolo di “top player” in questa partita della sostenibilità edilizia, nella quale non è trascurabile l’elemento dell’economicità delle abitazioni realizzate con questo materiale.

Le costruzioni in legno, in modo particolare quelle prefabbricate, non sarebbero, pertanto, preferibili soltanto per ragioni ambientali, ma anche economiche e pratiche. Il legno, come già ricordato in altri articoli pubblicati su questo blog, è un materiale naturale versatile ed eclettico, dalle numerose proprietà, fisiche e meccaniche. Non solo è un materiale rinnovabile e riciclabile, con una sua flessibilità ed elasticità, ma reagisce meglio alle sollecitazioni sismiche e alla combustione. Il legno, tuttavia, sia lamellare sia massiccio, con l’apporto delle nuove tecnologie che ne stanno implementando la resistenza e la funzionalità nei contesti naturali più diversi, sta diventando sempre più concorrenziale e alternativo alle costruzioni tradizionali in cemento o muratura.

Tra il 2014 e il 2015, come ha documentato uno studio di FederlegnoArredo, “sono state ultimate nel nostro Paese 3.025 costruzioni in questo materiale, per un fatturato complessivo di 658 milioni”. Queste edificazioni, ad oggi, sono principalmente concentrate nel Nord del Paese, ma si stanno diffondendo anche nelle altre regioni centrali e meridionali. Dallo studio, inoltre, sembra emergere un altro dato significativo. Se in passato, infatti, le costruzioni in legno erano ideate principalmente per soddisfare un’esigenza residenziale, oggi, iniziando a crollare i “luoghi comuni”, con questo materiale si iniziano a realizzare architetture industriali o commerciali o sociali (come impianti sportivi o scuole di ogni ordine e grado).

La diffusione, si diceva, è oggi dettata anche da dinamiche economiche e pratiche. Secondo l’ex presidente di CasaClima Norbert Lantschner, per l’ottimizzazione dei servizi di raffrescamento estivo e di riscaldamento invernale propri di una casa in legno adeguatamente coibentata e integrata dagli idonei impianti, con una simile tipologia edilizia si potrebbero risparmiare fino a 2000 euro/anno. Si possono richiedere, inoltre, finanziamenti a tasso agevolato per nuove edificazioni e utilizzare i bonus fiscali introdotti dalla Legge di Stabilità 2016 per interventi di ristrutturazione, con la soglia aumentata dal 55% al 65% nell’ottica di un efficientamento energetico del patrimonio edilizio.

Ben inferiore a quanto si spenderebbe per una soluzione tradizionale in cemento e muratura. Con questa ipotesi decisamente più impattante dal punto di vista ambientale (si pensi alla produzione dei materiali da cantiere e al loro trasporto, mentre la prefabbricazione avviene in azienda e in sito viene portato solo cosa deve essere montato). E temporale: le costruzioni in cemento o muratura, nella stragrande maggioranza dei casi e per quanto i lavori possano essere realizzati a regola d’arte, non rispettano i tempi e i costi originariamente stabiliti dai diversi protagonisti del processo edilizio. Richiedendo una durata, per i lavori di nuova costruzione, di almeno due anni.

Queste variazioni o deroghe, con la prefabbricazione, non si materializzano. Una casa in legno “chiavi in mano”, oggi, realizzabile anche in formato personalizzato da parte delle aziende più innovative come Albertani Corporates che mettono al centro le esigenze anche estetiche da soddisfare dei loro clienti, è pronta, infatti, in cinque-sei mesi.

La prefabbricazione in legno, come rivelano diverse indagini di mercato e numerosi operatori della filiera, concludendo, non è più un settore di nicchia. Per pochi. Sta diventando sempre più la soluzione ideale al nostro desiderio di vivere, anche nelle nostre città sempre più caotiche e confuse, in case comfortevoli, eleganti, salubri e rasserenanti.

Giuseppe Milano

Se da un lato il crescente interesse per gli aspetti legati alla tutela dell’ambiente e delle sue risorse ed alla riduzione dei consumi (e, di conseguenza, dei costi) rappresenta uno dei principali incentivi allo sviluppo del settore delle costruzioni in legno, dall’altro permangono quelle diffidenze che parte del “pubblico” continua a mostrare nei confronti di questo tipo di realizzazioni. Sono tanti quelli che si mostrano ammirati nei confronti di chi, con “coraggio ed audacia”, sceglie di realizzare ex novo o di ristrutturare la propria abitazione impiegando il legno come materia prima, ma che, al momento di scegliere per se stessi, preferiscono lasciarsi rassicurare dalle sirene delle tecniche tradizionali. Questo nonostante la comprovata sostenibilità degli edifici in legno (argomento già ampiamente approfondito all’interno di questo blog), la loro dimostrata superiore efficienza sotto il profilo energetico, il maggiore benessere che l’impiego di questo materiale conferisce agli spazi per abitare. A ciò si aggiungono inoltre i vantaggi dal punto di vista economico, dal momento che tali costruzioni oltre ad assicurare un ottimo rapporto qualità-prezzo, sono anche realizzabili in tempi molto più brevi.

A questi dati, verificati e documentati, fanno a volte da contraltare alcuni aspetti di natura estetica: il “pregiudizio” che molto spesso accompagna le case in legno è infatti quello che ce le fa vedere ed immaginare come simili a tante piccole baite di montagna, interamente rivestite in legno sia dentro che fuori, con il tetto a due falde ed il pavimento che scricchiola! Ma la realtà è ben diversa! Innanzitutto per la possibilità di impiegare sistemi costruttivi differenti ed adattabili alle diverse esigenze (Xilam, parete-telaio, Blockhaus, ecc.) e che, in ogni caso, non vincolano committenti e progettisti a scelte materiche, estetiche e di design prestabilite. La progettazione di abitazioni in legno non si pone pertanto come un problema con una soluzione unica, ma, al contrario, consente di adattarsi in funzione delle singole esigenze e di dare forma concreta ai desideri di chi andrà a viverci.

Tale libertà riguarda sia le scelte planimetriche e volumetriche, sia quelle relative alle finiture esterne ed interne. Le case in legno, infatti, possono sì presentarsi in total wood, ma non necessariamente: i rivestimenti possono essere realizzati anche in pietra o ad intonaco a seconda delle preferenze estetiche e progettuali, pur mantenendo tutte le ottime prestazioni tecniche che la struttura in legno garantisce. Sotto tale profilo, risultano particolarmente dimostrativi i numerosi e differenti esempi delle realizzazioni Albertani Corporates: ci sono infatti case in legno finite in legno, ad intonaco, in pietra, miste.

Lo stesso vale per le finiture interne e per le scelte nell’ambito dell’arredamento: non ci sono “stili” prestabiliti o ragioni per cui i futuri abitanti debbano, in qualche modo, sentirsi vincolati. Per cui spazio alla fantasia, al linguaggio estetico ed al design che più ci piacciono, compresi quelli di matrice più contemporanea ed apparentemente “lontani” ed in contrasto con un materiale antico come il legno. Si può optare per interni minimal, dalle linee semplici ed essenziali, o per stili un po’ più leziosi, romantici e dal sapore vintage come quello provenzale, meglio noto alle cronache come shabby chic, di grande tendenza negli ultimi anni. Oppure, a metà strada tra i due, ci si può orientare verso le scelte un po’ più moderate ispirate allo stile scandinavo, portato alla ribalta in quasi tutto il mondo dalle grandi multinazionali dell’arredamento del Nord Europa: in questo caso semplicità e funzionalità sono elevate alla massima potenza senza tuttavia ricadere nella rigidezza e nella freddezza.

A dimostrazione della cura che molte delle aziende operanti nel settore dell’edilizia residenziale in legno riservano al design vi è la collaborazione tra la stessa Albertani Corporates e Giugiaro Design. Il risultato è stato l’elaborazione di un modulo abitativo di circa 120 mq distribuiti su due livelli ruotati l’uno rispetto all’altro: ne deriva un impianto planimetrico a croce, a sua volta inscritto all’interno di un rettangolo in cui trovano collocazione anche ampi spazi porticati. Il committente, nonchè futuro abitante, ha la possibilità di “personalizzare” gli ambienti (interni ed esterni) in cui andrà a vivere, combinando i diversi allestimenti disponibili e decidendo il colore del tetto e la finitura delle pareti esterne (intonaco, legno o pietra).

 

Elena Ottavi