La prevenzione dal rischio sismico? Si realizza meglio con le strutture in legno
Da almeno 20 anni, ossia dal sisma del 1997 che ha sconvolto l’Umbria, dopo ogni catastrofe naturale – che sia un terremoto, una frana o un’alluvione – come fosse un tormentone estivo, sentiamo ripetere il ritornello “Ora avanti con la prevenzione. Mai più morti innocenti”. Una volta asciugate le lacrime, però, almeno fino ad oggi, la commozione o l’indignazione non sono mai state sostituite da rapidi e trasparenti processi di ricostruzione. È il momento, perciò, di far diventare attraente la cultura della prevenzione: da esibire attraverso la pianificazione e l’adozione di un articolato e strategico sistema di interventi che, nella consapevolezza di non poter prevedere i terremoti, possa, il più possibile, mitigarne gli effetti e limitarne gli impatti.
Le immagini, come sempre dolorose, del terremoto che nella notte del 23 agosto scorso ha sbriciolato i piccoli borghi di Amatrice, Arquata e Pescara del Tronto, impongono, probabilmente più ai tecnici e agli operatori dell’edilizia che agli amministratori pubblici, una radicale inversione di tendenza. Una conversione etica-ecologica profonda e diffusa che imponga il paradigma della messa in sicurezza del territorio italiano. Proteggere e valorizzare il paesaggio italiano è la principale “Grande Opera” della quale oggi abbiamo, come Sistema-Paese, tremendamente bisogno.
Come creare e sperimentare la prevenzione, quindi? Agendo, da un lato, sul profilo culturale: per esempio, sostenendo la proposta, destinata al premier Renzi dal presidente nazionale della Società italiana di Geologia Ambientale (Sigea) Antonello Fiore, di destinare lo 0,001% degli investimenti per la ricostruzione ad attività di sensibilizzazione sul rischio sismico. E investendo, dall’altro lato, sulla dimensione tecnica: essendo il nostro Paese, per “la giovinezza” delle sue faglie, fortemente a rischio sismico, e ancor più per la notevole vetustà del suo ingente patrimonio edilizio, occorrerebbe comprendere che edificazioni in muratura o in cemento armato sarebbero da evitare. Per sostituirle con le ben più sicure, performanti, affidabili, costruzioni in legno. Ancor più quelle realizzate attraverso la prefabbricazione che, sospinte dall’innovazione tecnologica, oggi garantiscono, in tempi rapidi, alti standard di qualità e sostenibilità.
Assumendo le previsioni elaborate dal Consiglio Nazionale Ingegneri (CNI) – per i quali nel nostro Paese ci sarebbero 12 milioni di immobili (il 40% circa del totale, che ospita quasi 20 milioni di residenti) bisognosi di urgenti interventi antisismici per un costo complessivo di circa 93 miliardi di euro – sarebbe auspicabile, pertanto, la modifica dell’architettura normativa che oggi non favorisce e promuove la sostituzione edilizia o la riqualificazione del costruito. Con il paradosso che, negli anni, si è sostenuta, attraverso una pluralità di incentivi fiscali, la rigenerazione energetica e si è trascurata quella statica. E l’aggravante che già nel 1999, con il disegno di legge nr. 4339 (mai approvato), fu previsto l’istituto della “carta d’identità dei fabbricati”, del quale si è tornato a parlare in queste settimane.
Del resto, come si evince, inoltre, dalle Norme Tecniche delle Costruzioni del 2008 (che dovrebbero entro la fine dell’anno essere aggiornate) la criticità principale oggi risiede proprio nelle costruzioni esistenti e, particolarmente, in quelle che – per l’ordinanza del PCM 3274/2003 – sono ubicate nelle prime due aree di massima pericolosità sismica. Con una seconda criticità, poi, non proprio trascurabile: oggi, con le norme vigenti, è obbligatorio provvedere alla valutazione sismica solo degli edifici strategici, ma non lo è per tutti gli altri edifici esistenti.
Come intervenire su di essi, conseguentemente, per accrescerne la sicurezza e nella consapevolezza che per ogni tipologia costruttiva servirà un apposito approccio?
Per il consolidamento delle strutture in muratura è possibile: impiegare cerchiature o cuciture metalliche; ridurre le spinte di archi e volte; ridurre l’eccessiva deformabilità dei solai; incrementare la resistenza nei maschi murari; intervenire in fondazione e applicare giunti sismici.
Per le strutture in cemento armato, invece, è necessario provvedere prioritariamente con delle analisi preliminari che considerino la geometria dell’edificio, le caratteristiche dei materiali, le condizioni di conservazione, la destinazione d’uso. In un edificio si può agire localmente, intervenendo sul singolo elemento strutturale (pilastro, trave), oppure a livello globale. Tra gli interventi a livello locale c’è l’incremento di sezione dell’elemento strutturale e l’aumento delle armature, il confinamento con profilati metallici o il confinamento con FRP. Si può intervenire anche sulla globalità della struttura attraverso l’inserimento di controventi metallici, l’inserimento di pareti sismo-resistenti, l’isolamento alla base e la dissipazione supplementare dell’energia.
Per le strutture in legno, da preferire per la loro flessibilità, elasticità e capacità di gestione delle oscillazioni dinamiche orizzontali dei terremoti, si può pensare a sistemi per l’irrigidimento attraverso dei sistemi controventati o sistemi di consolidamento di travi e solai. In tal senso, per esempio, potrebbero utilizzarsi sia profilati metallici da sovrapporre e ancorare alla struttura lignea, sia adesivi epossidici di media viscosità, per il riempimento dei fori realizzati nelle strutture in legno da ripristinare.
È altresì possibile utilizzare come strumenti atti alla prevenzione i dissipatori di energia o i giunti strutturali. I primi sono dispositivi che dissipano gran parte dell’energia trasmessa alla struttura durante il sisma, riducendo così le sollecitazioni negli elementi strutturali. I secondi permettono l’interruzione della continuità di un’opera.
Sarebbe raccomandabile, infine, per una corretta analisi globale e, ove fosse necessario, anche un consolidamento geotecnico, conoscere i terreni di fondazione perché non sono tutti uguali e ciascuno ha la propria resistenza meccanica, oltre ad una propria capacità di non amplificare l’accelerazione sismica.
Giuseppe Milano