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Le architetture industriali sono edifici la cui caratteristica principale si individua nelle grandi dimensioni e nella necessità di dare risposta, in primis, a requisiti di efficienza economica e funzionale. Essendo infatti destinati ad attività di tipo produttivo, necessitano di superfici ampie e di altezze elevate allo scopo di consentire lo svolgimento delle attività, di ospitare macchinari, di permettere l’accesso e il movimento di eventuali mezzi di trasporto, di svolgere funzione di magazzino e deposito.

Si tratta di architetture il cui valore viene spesso ridotto al soddisfacimento delle rigide dinamiche e dei parametri imposti dal mercato, come evidenziava Giuseppe Pagano già negli Anni Trenta: “Uno [disordine di valutazione] […] è quello di considerare la costruzione industriale una sottospecie edilizia: roba da tirar su alla svelta senza tante pretese. Questo errore di valutazione […] è origine di gravi danni alla periferia delle città […]. Bastano già queste considerazioni per far comprendere come l’architettura industriale, o per lo meno quella che potrebbe o dovrebbe chiamarsi architettura industriale, si risolva molto spesso in una serie di sconnessi baraccamenti o in una scenografica sfilata di presuntuosi e anacronistici paraventi. Quello che potrebbe essere un prezioso contributo per la più estrema e meno retorica espressione di architettura moderna, intesa come arte e come tecnica, diventa spesso un mediocre elaborato senza carattere”. (Giuseppe Pagano, Architettura industriale in Italia, in Le Arti (1938 – 1943), Anno I, Fascicolo IV).

Sono passati quasi ottant’anni da questa pubblicazione, eppure colpisce ancora l’estrema attualità delle tematiche che affronta: certo, nel corso dei decenni ci sono stati cambiamenti profondi che hanno riguardato la società, le città, il mondo del lavoro e l’industria stessa, eppure il dibattito sul ruolo e sulla “giusta forma” dell’architettura industriale non sembra chiuso né tantomeno risolto.

Inoltre, se all’inizio del Novecento, il Movimento Moderno trovava la sua massima espressione nell’impiego delle “nuove” tecnologie del cemento armato e dell’acciaio, oggi l’approfondimento degli studi sui materiali, lo sviluppo tecnico – scientifico e le sempre più pressanti esigenze imposte dai criteri della sostenibilità e dell’efficienza, stanno aprendo la strada all’utilizzo del legno.

L’utilizzo del legno nelle architetture industriali: leggero e resistente

Si tratta infatti di un materiale in grado di garantire prestazioni molto più favorevoli rispetto all’acciaio ed al cemento armato prefabbricato, solitamente utilizzati per la realizzazione dei grandi edifici a destinazione industriale. Tuttavia, rispetto a questi, è molto più leggero e molto più resistente.

La maggiore leggerezza porta con sè la possibilità di realizzare strutture di fondazione più contenute e di dover trasportare, manovrare e mettere in opera tutti gli elementi in maniera molto più semplice. Con notevole risparmio dal punto di vista dei costi.

La resistenza è invece massimizzata grazie alle tecnologie lamellari e X-Lam, in virtù delle quali è oggi possibile realizzare elementi costruttivi per luci molto grandi. L’impiego del legno assicura inoltre ottima resistenza alle sollecitazioni di tipo sismico ed al fuoco.

A questi vanno aggiunti anche tutti quegli aspetti legati alla sostenibilità del legno: si tratta infatti di un materiale naturale, la cui produzione e lavorazione producono un impatto ambientale molto minore rispetto a quello di acciaio e calcestruzzo. È inoltre una risorsa rinnovabile e riciclabile e che permette, quindi il riuso del materiale in caso di dismissione o smantellamento di un edificio industriale.

L’utilizzo del legno nelle architetture industriali: da solo o in maniera ibrida?

Per la realizzazione di edifici di tipo industriale, il legno può essere impiegato da solo o in maniera ibrida insieme ad altri materiali. Sono numerosissimi i progetti che vedono l’applicazione di questo materiale nella realizzazione o nell’ampliamento di strutture destinate ad ospitare attività produttive.

Tra questi troviamo, ad esempio, l’Atelier ECOTIM II a Rotherens (Francia) opera dello Studio Architectures Amiot – Lombard: l’edificio ospita i laboratori di un’azienda che si occupa della produzione di sistemi costruttivi in legno. Prende spunto dalla tipologia rurale del fienile ed è realizzato quasi completamente in legno, con copertura in speciali capriate e rivestimenti esterni in legno, calcestruzzo e policarbonato.

A Vicenza c’è invece Corte Bertesina, un’azienda agricola che ha sede in un tipico edificio rurale a corte: qui i progettisti dello studio Traverso – Vighy hanno completato e rigenerato in chiave sostenibile il nucleo edilizio ottocentesco, attraverso l’impiego di sistemi prefabbricati leggeri in legno, acciaio e pietra.

Anche Albertani Corporates s.p.a. ha spesso messo il proprio impegno nella realizzazione di edifici industriali, come lo zuccherificio di Castiglione Fiorentino o le Industrie Chimiche Puccioni a Vasto.