Città Universitaria della Conciliazione Località: Grugliasco (TO)
Progetto Massimo Crotti, Marie-Pierre Forsans, Antonio De Rossi, Liliana Bazzanella (Dipradi - Politecnico di Torino) Carlo Novarino, Sebastiano Ciavarella (Atc Projet.to srl)
Progetto e processo di “valore civile”, innovativo ed autenticamente “europeo”, la Città della Conciliazione prende forma su un’area di quasi 9000 metri quadri da un’idea concertata tra cittadini e istituzioni che cerca di rispondere in modo concreto alle esigenze della popolazione universitaria e cittadina chiamate a “viverla”.
Strettamente legato al nuovo Polo delle Facoltà Scientifiche dell’Università degli Studi di Torino nonché alla Città di Grugliasco, la struttura, caratterizzata da un grande tetto “a fisarmonica” è situata nelle immediate vicinanze di complessi scolastici esistenti, e delle facoltà del polo scientifico universitario. Conciliare vita privata e vita professionale è finalmente possibile: tutto il personale che ruota attorno al centro universitario, così come i cittadini e le cittadine di Grugliasco, hanno a disposizione strutture e servizi di eccellenza: un asilo nido per 60 bambini 0-3 anni, una scuola materna di impronta steineriana, spazi multi-funzionali, centro benessere, bar e ristorante.
Un progetto che mostra la centralità del fare rete tra le istituzioni, e l’importanza di un’architettura capace di costruirsi concretamente in rapporto agli attori e alle condizioni al contorno.
Funzioni:
asilo nido, scuola materna, spazi multi-funzionali per servizi alle famiglie, centro benessere, bar e ristorante.
Dati quantitativi:
superficie area d’intervento 14.130 mq,
superficie coperta (inclusi porticati) 4.852 mq,
superficie lorda di pavimento 3.525 mq,
superficie aree esterne 9.339 mq di cui 4.099 mq a verde;
Foto: Giulia Caira, Michele D’Ottavio, Crotti+Forsans
Cronologia: 2003-2006 progetto; 2006-2009 cantiere; gennaio 2010 inaugurazione pubblica.
Premi:
- Vincitore del Premio “Architetture Rivelate 2010” dell’OAT – Ordine degli Architetti di Torino;
- Progetto selezionato per il Premio In/Arch -Ance 2011;
- Progetto finalista Premio Medaglia dOro all’Architettura Italiana, IV Edizione, 2012, Triennale di Milano.
http://www.cittadellaconciliazione.it/
1. Un progetto (e processo) di “valore civile”
Una vicenda che nasce quasi per caso, per diventare – nel suo farsi – azione e strategia cosciente di più attori e istituzioni.
Un Comitato per le Pari Opportunità dell’Università di Torino che, a partire da un questionario distribuito tra docenti e ricercatrici, dottorande e studentesse della nuova sede di Grugliasco, rende visibile la necessità di una struttura di conciliazione dei tempi lavorativi e familiari. Un bisogno che viene fatto proprio dall’amministrazione di Grugliasco e da altri enti, che mettono a punto tre gruppi di lavoro sul tema. L’arrivo della I Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, che contribuisce a mettere a fuoco un’idea morfologica e funzionale in linea col carattere innovativo dell’iniziativa. Un workshop di una settimana con docenti e studenti di varie discipline, da cui nascono quattro prefigurazioni che diventeranno la base della richiesta di finanziamenti all’UE. Un’intelligente azione di lobby che permette il conseguimento di ulteriori risorse economiche presso la Regione Piemonte, la Provincia di Torino e l’Università. L’avvio del progetto definitivo e esecutivo – con l’apporto tecnico di ATC Projet.to e la regia del Dipartimento di Progettazione Architettonica del Politecnico di Torino – tramite un puntuale lavoro “partecipato” che porta tutti gli utilizzatori futuri della struttura a dialogare intorno alle ipotesi progettuali. Un’attenta azione in fase di cantiere, al fine di garantire la qualità dell’opera pubblica.
Un progetto (e processo), quindi, di “valore civile”, spaesante – e forse spaesato – nell’Italia di oggi. Un progetto che mostra la centralità del fare rete tra le istituzioni, e l’importanza di un’architettura capace di costruirsi concretamente in rapporto agli attori e alle condizioni al contorno. Un’attenzione al processo che però non vuole banalmente risolversi nel processo stesso, alla ricerca di un’autolegittimazione esterna al fare progettuale. Da questo punto di vista il progetto della Città della Conciliazione è anche un piccolo frammento di riflessione sulle mitologie della partecipazione, sui pregi e limiti del “pubblico”, sull’impossibilità della qualità – malgrado le mille astuzie messe in campo – nei cantieri contemporanei di opere pubbliche. Ma è al contempo dimostrazione del potere della morfologia nell’ordinare esigenze, bisogni, aspettative talvolta contrastanti. Dietro al progetto fisico, poche mosse precise.
2. Un frammento di ordine tentato
Dopo aver vagliato diversi siti, la scelta di dove collocare il progetto cade su un’area difficile, slabbrata e di margine, che ha di fronte a sé non la campagna urbanizzata dell’area metropolitana, ma ancora un altro bordo frammentato, quello di Torino. Intorno un viale urbano di penetrazione, una trama viaria secondaria che regge una urbanizzazione discontinua e di bassa qualità, qualche servizio pubblico, molti spazi aperti privi di forma e di senso.
Da qui un classico problema: introflessione o tentativo di costruire un ordine? Il progetto di Città della Conciliazione fa una scelta precisa, e accetta la scommessa della reinvenzione di una gerarchia dello spazio, della ricostruzione di un brano di città. La possibilità di separare le molte funzioni previste all’interno della struttura, di articolare e suddividere le “masse” costruite, permette la costruzione di un “tessuto” urbano. Si decide il completamento di una strada esistente, e fin da subito si pone grande attenzione al tema della messa a punto di un sistema di percorrenze. La Città della Conciliazione si configura come un pezzo di città, con la propria strada centrale, i portici che guidano i percorsi all’aperto e su cui si collocano gli accessi alla struttura. Il tutto cercando legami con la maglia e il tessuto discontinuo circostante. Ma non in modo mimetico. Riprendendo fili e tracciati, la Città della Conciliazione persegue il proprio ordine distributivo e le proprie geometrie: una sorta di frammento di ordine tentato.
3. Un interno che vuole essere “città”
“Città della Conciliazione” non è solo il nome dell’operazione. E’ l’essenza dell’idea progettuale. La presenza di molteplici spazi con funzionalità e utenti diversi ha permesso fin da subito di mettere a fuoco un’idea articolata di organizzazione delle spazialità interne.
Se fuori il progetto definisce un nuovo spazio urbano, dentro si configura – in linea con alcune delle esperienze architettoniche contemporanee forse più interessanti – come una sorta di metafora di città, di città in miniatura, fatta di vie, piazze chiuse o aperte, affacci di architetture, luoghi di mediazione.
La necessità della privacy, della sicurezza per gli spazi destinati ai bambini viene gestita attraverso la cura e l’articolazione degli spazi di mediazione, del sistema degli atri e dei percorsi. La struttura gerarchica ad “albero” della distribuzione viene mediata dall’affacciarsi dei locali e delle funzioni su ambienti comuni, che gestiscono il passaggio dal fuori al dentro.
Al centro di questa idea la ripresa di un principio insediativo caro al Moderno e ad alcune esperienze – si pensi alla Ivrea di Adriano Olivetti – in tema di asili. Tutto il complesso infatti ruota intorno ad alcune corti e patii interni sul cui perimetro si distribuiscono le differenti funzioni e sezioni del costruito. In pratica un susseguirsi di corti intorno a cui, a “C” – affacciandosi verso sud, est, ovest –, si dispongono aule, stanze, locali. Uno spazio protetto che nasce intorno ad alcuni alberi preesistenti, ma anche e soprattutto una sequenza di piazze porticate dove poter praticare attività tra l’interno e l’esterno.
4. Sequenze, trasparenze, traguardamenti
Questa “idea di città” trasferita allo spazio di vita interno si riverbera alla scala costruttiva e distributiva in una serie di scelte architettoniche molto precise. Le “stanze” volumetricamente si rompono, lasciando spazio a un gioco di piani connotati dal colore. In questo modo si creano rientranze, allargamenti, punti di sosta e di soglia, arricchendo la sequenza dei tragitti interni. Grandi e piccole superfici vetrate permettono di traguardare lo sguardo dall’esterno all’interno e viceversa, attraverso le corti e i differenti ambienti. Anche il lieve dislivello presente sul lotto, poco più di un metro, diventa occasione di articolazione dello spazio interno e esterno, creando percorsi che “scendono” o “risalgono” l’architettura. Un lavoro di creazione di luoghi di vita minimali ma fondamentali per il funzionamento quotidiano dell’edificio che si è venuto a determinare nel dialogo con i futuri utenti della struttura e in relazione alle finalità anche pedagogiche (una su tutte: la stimolazione della percezione spaziale da parte dei bambini) della Città della Conciliazione. Ma anche, in fondo, una Casa di vetro che consente la socializzazione, la condivisione delle molteplici attività lì contenute.
5. Modularità e individualità
Costruttivamente – e spazialmente – l’edificio viene a definirsi su un elemento semplice, un portale ibrido in acciaio zincato e legno lamellare sbiancato, che costituisce il modulor dell’intera struttura. Questo elemento si ripete lungo tutta la lunghezza dei due edifici, modificando però la propria campata e pendenza della trave in rapporto alle esigenze spaziali degli ambienti sottostanti.
Longitudinalmente la costruzione è quindi esito di questa reiterazione e deformazione locale. Questa reiterazione ad libitum del modulo a “C rovesciata”, per adattarsi ai singoli luoghi e alle puntuali esigenze funzionali e spaziali, viene ritagliata lungo i suoi bordi da una serie di spezzate, che rendono questa architettura estremamente nervosa e tesa, in un gioco di geometrie che sembra rimandare all’espressionismo o a certe esperienze dell’architettura piemontese recente.
La modularità, la sequenza di montaggio a “secco” – tutti elementi necessari in un cantiere di opera pubblica già di certe dimensioni –, vengono quindi arricchite dai profili longitudinali dell’architettura. Un’architettura che accetta la sfida della ripetizione per rideclinarla nell’individualità (e domesticità) dei luoghi, dei percorsi, degli ambienti, delle visuali.
6. Qualità costruttiva
Ancora, questo tema del rapporto tra standardizzazione e individualità ritorna nell’approccio tecnologico e costruttivo che sta dietro il progetto. Non si tratta più ovviamente di un mero problema di disegno di raffinati particolari costruttivi. L’attenzione per la qualità costruttiva si gioca semmai nelle modalità di assemblaggio delle componenti costruttive industrializzate, nelle modalità di accostamento e di messa in relazione tra le singole parti e elementi (il portale strutturale, la relazione tra pilastri in legno del portico e sporto della copertura, tra grandi vetrate e intradosso del tetto a vista, ecc.), all’interno di una dialettica che viene a legare performance tecnica e significazione architettonica.
7. Il grande tetto
Si potrebbe infine descrivere la Città della Conciliazione come un progetto in primo luogo di coperture. Una doppia estesa copertura irregolare, che viene traforata dagli spazi geometrici delle corti verdi. Al di là delle possibili analogie, guardando da est verso ovest, tra il profilo delle prossime Alpi Cozie e Graie e lo skyline dell’architettura, quello che conta è che il grande tetto viene a configurarsi innanzitutto come una sorta di mossa strategica, e come un principio organizzativo di carattere morfologico. La copertura come tema fondamentale di infrastrutturazione morfologica e di determinazione di un luogo, di identità e accoglienza, lungo percorsi attraversati più volte dall’architettura piemontese della seconda metà del Novecento.