La “divinità” dell’impossibilità l’ha, più volte, sfidata, ma ha sempre perso. Per Zaha Hadid, musa ispiratrice dell’architettura del XXI secolo e visionaria onirica capace di trasformare come pochi una creativa immaginazione in una emotiva suggestione, niente era impossibile. Da sempre, e in modo particolare da quando con amici e colleghi come Rem Koolhaas e Daniel Libeskind partecipa dalla fine degli anni ’80 del secolo scorso al movimento architettonico del decostruttivismo (contrapposto a quello postmoderno), Zaha Hadid ha ritenuto che l’architettura dovesse esprimersi con una poetica diversa da quella rigida e razionale conosciuta fino a quel momento sviluppando, conseguentemente, uno stile “fluido” inimitabile e continuamente messo in discussione per ogni progetto.
Con ogni concorso internazionale di idee vinto che, sulla base delle specificità territoriali o sociali, diventava per lei una sfida avvincente per osare ogni volta, spazialmente e geometricamente, soluzioni sempre più coraggiose e fantasiose, ispirate anche dalla profonda conoscenza che aveva dei materiali tradizionali e di quelli più innovativi capaci di animare le sue invenzioni. Per emozionare i fruitori di quelle installazioni. L’architetta irachena, nata a Baghdad il 31 ottobre del 1950 e morta prematuramente il 31 marzo scorso, ha sempre sostenuto, infatti, che le persone agenti in uno spazio architettonico dovessero provare “una sensazione di armonia, come se stessero in un paesaggio naturale”.
E questo principio regolatore, del resto, si trova applicato maestosamente non solo nell’ultima opera che doveva essere inaugurata dalla stessa architetta il 22 aprile scorso, ossia la nuova stazione marittima di Salerno – quarto intervento in Italia dopo il Museo Corones a Brunico, il Maxxi di Roma e la torre di City Life a Milano – ma anche in molti altri progetti ideati e realizzati nell’ultimo quindicennio, il cui alto tasso di innovazione e di suggestione ha portato Zaha Hadid ad essere la prima donna a vincere il Premio Pritzker (nel 2004), il Premio Stirling (nel 2010 e nel 2011) e la medaglia d’oro del Royal Institute of British Architects (nel 2013). Scopriamo, pertanto, alcune tra le più significative opere di questa grande interprete dell’architettura contemporanea.
Glasgow. Il Riverside Museum of Transport simboleggia sia la nostalgia della città per il suo perso passato industriale sia l’utopia per un nuovo presente alimentato da cultura e turismo. Spostato e ampliato rispetto alla sede originaria, il ricostruito Museo dei Trasporti oggi occupa parte di un fazzoletto di terra abbandonato tra le rive del Clyde e una fragorosa superstrada a doppia carreggiata accanto all'Armadillo di Foster e alla sede della BBC di Chipperfield. Analizzando in pianta il progetto, si resta meravigliati della forma a Z della copertura che si affaccia in modo emozionante sul fiume e sulla città. E proprio per la forma sinuosa del museo, con il percorso che lo attraversa percepibile come un viaggio, il Glasgow Riverside Museum of Transport di Zaha Hadid ha vinto lo Scottish Design Award nel 2012.
Londra. L’Aquatics Centre ha ospitato, nel 2012, le competizioni acquatiche dei giochi olimpici di Londra. Il concept architettonico si ispira al movimento fluido dell’acqua, generatore di spazi interni ed esterni che dialogano con il contesto. La copertura sinuosa si solleva da terra come un’onda nascondendo le piscine della struttura con un unico gesto unificante fluido, definendo allo stesso tempo il volume delle piscine e delle vasche per l’immersione. L’imponente architettura, inoltre, si sviluppa in pianta secondo due assi perpendicolari allo Stratford City Bridge, lungo i quali si sviluppano le tre piscine. Il London Aquatics Centre denota una grande flessibilità e adattabilità essendo stato progettato per avere dimensioni e capacità necessarie a ospitare le Olimpiadi di Londra 2012, ma ad essere poi riconfigurato per l’utilizzo cittadino dopo i Giochi.
Baku. Zaha Hadid fu incaricata di progettare l’Heydar Aliyev Center dopo la vittoria del concorso nel 2007. Il centro culturale prende il nome dall'ex Presidente dell'Azerbaigian, Heydar Aliyev, ed ospita una sala conferenze con tre auditorium, una biblioteca e un museo. Il progetto si propone di svolgere un ruolo fondamentale nella vita intellettuale della città e sarà vitale per la rigenerazione sociale della capitale. Intorno all’Heydar Aliyev Center saranno costruite, infatti, abitazioni, uffici, hotel e un centro commerciale; mentre tra la struttura e la via principale della città sorgerà il Cultural Plaza, che fungerà sia da piazza all'aperto per il centro culturale, sia da spazio accogliente per cittadini e turisti. Questo organismo architettonico rompe, inoltre, i legami con la rigida architettura sovietica diffusa a Baku, spesso monumentale, aspirando a esprimere la sensibilità della cultura azera e l'ottimismo di una nazione che guarda fiduciosamente al futuro. Dal punto di vista tecnico e tecnologico, infine, l’opera della Hadid è molto innovativa, come può desumersi dagli studi condotti sulla pelle dell’edificio, nell’intento di ottenere una superficie continua e omogenea, che riunisse funzioni, logiche di costruzione e sistemi tecnici diversi integrati nell’involucro dell’edificio.
Anversa. La cittadina belga ospita, per il flusso del traffico di spedizioni, uno dei porti più importanti del modo e l’intervento progettato dallo studio di Zaha Hadid, riverberando questa evidenza, aveva l’obiettivo di dare una nuova “casa” all’Autorità Portuale della cittadina. Nello specifico, tuttavia, il concept prevede la riqualificazione della vecchia stazione dei pompieri e la realizzazione di un nuovo volume cristallino sopraelevato alla ristrutturata caserma. L’Anversa Port House presenta una struttura cristallina a forma di trave sostenuta da tre pilastri di cemento. Due dei pilastri sono situati nella corte interna coperta della caserma dei pompieri, mentre il terzo si estende all'esterno dell'edificio e contiene un vano ascensore trasparente che offre una vista panoramica sulla città e sul porto. I pannelli della facciata contengono un mix di triangoli di vetro trasparenti e riflettenti. I triangoli sono disposti in modo tale da creare un disegno a forma di diamante che rappresenta uno dei business principali di Anversa.
Author: Giuseppe Milano,
ingegnere edile – architetto e giornalista ambientale